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Il rilancio dell’economia ittica nazionale


26 novembre 2020 – Fincantieri e Federpesca, la maggiore organizzazione imprenditoriale di pesca italiana, hanno firmato ieri a Roma un Memorandum of Understanding per promuovere il rinnovo della flotta peschereccia italiana.La partnership, aperta anche ad altri operatori selezionati della filiera di settore, vedrà Fincantieri nel ruolo di leader del progetto. 

Il Gruppo definirà alcuni standard di pescherecci da dedicare al settore ittico italiano eseguendone la progettazione e facendo leva sulle competenze maturate nella costruzione di navi speciali per l’avanzato cluster ittico norvegese dalla controllata Vard. 

Le unità saranno caratterizzate dai più alti contenuti innovativi, in particolare in termini di decarbonizzazione e digitalizzazione. Inoltre, grazie alla capacità del Gruppo di integrare il contributo dei suoi centri di competenza interni, il progetto potrà valorizzare i sistemi e componenti tecnologici sviluppati da Fincantieri e dalle sue controllate. Al fine di promuovere e sostenere l’obiettivo del progetto, Federpesca offrirà una visione sistemica del mercato promuovendo l’iniziativa presso tutte le istituzioni competenti a livello nazionale e internazionale. 

L’associazione inoltre contribuirà a definire le specifiche tecniche richieste dal comparto anche coordinando i contributi e le richieste degli operatori e avrà in carico la ricerca di nuovi mercati potenziali nell’area del Mediterraneo. Il rilancio del settore si rende necessario in virtù della notevole riduzione subita dalla flotta da pesca nazionale negli ultimi decenni, che ad oggi conta circa 12.000 motopescherecci, pari al 17% della flotta UE, con 25.000 occupati. È inoltre tra le più vetuste e in ritardo di competitività rispetto agli altri Paesi Ue, con un’età media dei pescherecci pari a 31 anni. 

Questa situazione si contrappone a un trend in costante crescita del consumo pro-capite di prodotti ittici a livello globale, UE e italiano in particolare. Un upgrade esteso della flotta peschereccia risulterebbe quindi indispensabile per coprire i gap che incidono sul mancato soddisfacimento della domanda interna – l’Italia è autosufficiente per non più del 15% –, sull’ambiente, sulla qualità e sul costo delle produzioni, sulle condizioni e sicurezza del lavoro a bordo e, quindi, sulla competitività e sulla sostenibilità del comparto.

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