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Il problema dell’Italia non sono i fondi, è la burocrazia


23 agosto 2018 - “Il Codice degli Appalti è scritto per chi non vuole realizzare ed è la prova che l’unica ricetta inventata dal Paese per combattere la corruzione e vincere la paura della corruzione ha come ingredienti norme inapplicabili, devastanti per l’efficienza di cui il Paese, oggi più che mai, ha bisogno. Quante volte abbiamo sentito parlare di stanziamenti e di investimenti?…Quante opere concluse abbiamo visto?”

Sul caso del ponte Morandi, ma anche sulla incapacità ormai cronica dell’Italia di far partire in tempi, anche solo accettabili o credibili, la costruzione delle nuove infrastrutture, interviene con decisione Pasqualino Monti, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia occidentale, ma anche autore del libro “In mare controvento. Riflessioni di un manager pubblico”, nel quale queste contraddizioni e il sistema distorto che su questo “apparato” si è radicato, sono denunciate nel dettaglio.
“Non siamo capaci di costruire in tempi dignitosi – afferma Monti – le case distrutte dal terremoto e continuiamo a focalizzare l’attenzione sui fondi e sull’entità degli stanziamenti per le grandi infrastrutture, come il Terzo Valico o la Gronda autostradale, o per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, sapendo perfettamente che il problema non è il denaro, non è ottenere dall’UE la possibilità di prevedere che tali spese non siano conteggiate (giustamente) nel calcolo del deficit, ma in quanto tempo prevediamo di spenderli questi fondi realizzando le opere. E riconoscendo che il Codice degli Appalti, scritto nella logica del sospetto e quasi di un’azione penale preventiva, è stato messo a punto su misura per non fare le opere. Oggi non esistono più scuse. Ai commissari, ma anche alla macchina dello Stato – prosegue il presidente dei porti della Sicilia occidentale - devono essere conferiti poteri in deroga rispetto alle norme del Codice degli Appalti”. 
E prosegue:
“Abbiamo paura della corruzione? E allora diciamolo con chiarezza: il Codice degli Appalti con i suoi bizantinismi, con le sue garanzie incrociate, è uno splendido terreno di coltura proprio per la corruzione. Tagliamo via tutto: meccanismi di gara inconcepibili per un Paese moderno, potere di interdizione dei Tribunali amministrativi, Consiglio di Stato, procedure farraginose di verifiche incrociate, commissioni su commissioni. Basta. Il Paese è in emergenza? Senza infrastrutture muore? Comportiamoci di conseguenza. A chi decide, in primis ai commissari, va conferito un potere in deroga totale dal Codice degli Appalti. L’alternativa è quella di uccidere l’Italia, soffocandola sotto pile di norme di presunta garanzia anti-corruzione e di manleva di responsabilità. I corrotti lasciamo che sia la magistratura a perseguirli, dando alla stessa gli strumenti reali per poterlo fare”.

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