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Propeller of Trieste - Cina a crescita ridotta, futuro dei traffici difficile


7 aprile 2016 - Non ci sono risposte sicure, ma possiamo avvicinarci a scenari plausibili. Dipende da noi sfruttare l'economia cinese come un'opportunità e non pensare, invece, che sia un pericolo. Questa la sintesi di quanto dibattuto alla conviviale del Propeller Club di Trieste che aveva per titolo:
“La Cina rallenta la crescita – quali le ricadute sull’economia, sui traffici internazionali e su quelli dei porti del Mediterraneo?” 
La serata ha visto gli interventi di grandi esperti dell’argomento; hanno infatti portato la loro esperienza Romeo Orlandi, vicepresidente di Osservatorio Asia e docente all’Università di Bologna, Marco Spinedi, presidente dell'Interporto di Bologna e membro del comitato scientifico di Osservatorio Asia, Pierluigi Maneschi, presidente di Italia Marittima e l'avvocato Alberto Pasino associato dello Studio Zunarelli di Bologna.
«L'emersione della Cina ha fatto bene ad alcuni Paesi europei ed è stata subìta da altri – ha spiegato il professor Orlandi - Una crescita del Pil al 6,9% come quella attuale può significare che una crescita percentuale a due cifre di sviluppo su base annua è arrivata alla fine e che si è creata, ed è un passo importante e positivo, una stabilizzazione. Un modello quantitativo, che ha fatto della Cina la "fabbrica del mondo"». 
Sempre secondo Orlandi esistono due scenari possibili: la riduzione della differenze tra noi e i Paesi emergenti senza che si abbassi il nostro benessere, oppure una crescita dei Paesi emergenti a scapito della nostra economia. Per questo motivo la Cina rappresenta contemporaneamente un pericolo ed un'opportunità. La relazione del professor Spinedi è stata invece un mix di pessimismo e di vantaggi da poter utilizzare.
«Il Sud Italia sta diventando un deserto, non si fanno più figli e la saturazione dei consumi nei nostri mercati sta portando alla modifica dei servizi. Dobbiamo esportare il know how della logistica – ha affermato Spinedi – e in questo contesto l'Adriatico rappresenta un'opportunità, ma bisogna organizzarsi in maniera diversa».

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