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Alluminio, Italia penalizzata dalla crisi


La crisi ha penalizzato l’Italia anche nella produzione dell’alluminio ma dalla metallurgia dei non ferrosi potrebbe ripartire il settore. E’, in estrema sintesi, quanto emerge dallo studio dell’Area Research di Banca
Monte dei Paschi di Siena dedicato al settore. L’Italia, con un consumo annuo di 1 milione 300mila tonnellate di alluminio grezzo e oltre 1600 aziende interessate è seconda soltanto alla Germania in Europa occidentale, ma soffre sul lato manifatturiero a causa della ristrutturazione industriale volta a ridurre la capacità produttiva.

 Caso eclatante è la sofferenza dell’unico polo di produzione di alluminio primario nazionale, quello di Portovesme in Sardegna, che comprende gli stabilimenti di Euroallumina e di Alcoa. Il massimo storico nel consumo di alluminio grezzo in Italia era stato di 2 milioni e 100mila tonnellate nel 2007: in soli sei anni il calo complessivo è stato di poco meno del 40%: un vero e proprio shock al quale l’industria italiana sta cercando con fatica di adattarsi.

Questo a fronte di un trend mondiale che ha sempre visto i consumi di alluminio crescere anche durante gli ultimi anni, consumi che secondo gli specialisti potrebbero raggiungere la cifra record di 64 milioni di tonnellate nel 2017. La situazione delle imprese italiane operanti nel settore dell’alluminio è rappresentativa dell’intero comparto dei metalli non ferrosi, che comprende anche rame, zinco, piombo, nickel e stagno, comparto che ha risentito nel suo insieme della crisi essendo legato all’andamento del ciclo economico.

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