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Il nordest italiano e il futuro dei trasporti internazionali

L’assetto dei commerci internazionali è a una svolta e l’Italia è in potenza nella posizione di cogliere al meglio gli effetti di questa trasformazione. Ad esserne convinto è il presidente dell’Autorità Portuale di Venezia Paolo Costa:
“Ci sono fenomeni su scala almeno europea che stanno sconvolgendo il sistema trasportistico generale degli ultimi decenni: variazioni che potrebbero favorirci, ma solo se sapremo inserirci fintantoché questa ‘finestra’ resterà aperta. I tempi sono assai limitati, perché altri si sono già mossi”.
 Costa ha esposto la sua teoria intervenendo come ospite e cofondatore al primo convegno della neonata Sipotra (Società Italiana di politica dei Trasporti) e gli “altri” cui ha fatto riferimento sono i porti del northern range e i grandi liner internazionali, protagonisti di una “collusione evidente” finalizzata a consolidare il ruolo preminente della portualità nordeuropea.
“Il rischio per un paese come l’Italia è di rimanere ‘schiacciati’ da scelte e politiche di soggetti terzi, come ad esempio potrebbe verificarsi con l’alleanza P3 (l’accordo di partnership stretto dalle prime tre compagnie al mondo nei container: Maersk, MSC e CMA-CGM). Un paese come gli Stati Uniti, forte di una coesione territoriale impensabile in Europa, ha potuto difendersi dall’imposizione endogena di economie di scala e gigantismo vietando ai liner l’uso di meganavi da 18.000 TEUs – che costringerebbero i porti USA ad uno sforzo di adeguamento infrastrutturale immane – o invitandoli a provvedere in proprio a sistemare gli scali americani in modo da ricevere le navi maggiori. In Europa, dove la concorrenza fra porti di Stati diversi è fortissima, ciò non può accadere e bisogna quindi cercare altre strade per non farsi travolgere”. 
A monte delle parole e delle idee di Costa c’è un’analisi suffragata da studi, dati e grafici molto espliciti:
  “Da qualche anno il più importante asse del commercio marittimo mondiale è divenuto quello fra Asia ed Europa, che ha soppiantato quello Usa - Europa su cui si era imperniato lo sviluppo dei porti del northern range negli ultimi decenni. A latere di questo spostamento del baricentro a sud, dall’Atlantico a Suez, la produzione industriale europea (che assorbe molto di quanto transita nei porti continentali) si è spostata ad est: i porti nordeuropei lo hanno capito e si sono mossi di conseguenza per ‘sposare’ la politica del gigantismo dei grandi carrier e tagliar fuori gli scali mediterranei, quando noi, Italia in primis e nord Adriatico in particolare, saremmo in pole position per occupare un posto privilegiato su questa nuova scacchiera dei flussi mondiali. Peccato che i nostri decisori non sembrino essersi accorti che la partita si gioca a Bruxelles e anche più in là…”.

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