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Esportazioni in aumento per i distretti industriali

Nonostante la contrazione dei consumi e della domanda estera, l’export rappresenta ancora oltre la metà del fatturato delle imprese dei distretti: a questi “campioni dell’Italian Style” fa riferimento ancora oggi più di un quarto delle vendite all’estero di tutto il sistema Paese. E per il 2013, il 37,4% delle imprese appartenenti alle filiere distrettuali si attende un andamento crescente delle esportazioni. E’ quanto emerge da un’indagine sui

distretti italiani di Unioncamere


Federazione dei distretti italiani, Intesa Sanpaolo, Banca d’Italia, Censis, Cna, Confartigianato, Confindustria, Fondazione Edison, Fondazione Symbola e Istat che indicano anche la strada per intensificare i processi di internazionalizzazione: investire in competenze e managerialità; allungare le filiere e rafforzare il raccordo con l’offerta di terziario innovativo; ridefinire il rapporto con le banche.

"Allungare le filiere, conquistare mercati lontani, reinventarsi ogni giorno con intelligenza e flessibilità fa parte del Dna dei distretti Italiani. Dove, da soli, non si può fare nulla è sul credit crunch e soprattutto nel difficile rapporto con le banche. Ci si deve con forza aggregare affinché venga risolto questo grave problema che ha già messo in ginocchio la manifattura italiana"

evidenzia Valter Taranzano, presidente della Federazione dei Distretti Italiani. Il 37,4% delle imprese operanti nei 101 distretti censiti si attende, dunque, un incremento degli ordinativi esteri, a fronte di un 14,6% che dovrebbe subire un ulteriore calo. La ripresa dell’export si confermerebbe trainata dai Paesi extra-Ue (nel 67,5% dei casi, con segnalazioni di crescita più frequente per gli Stati Uniti, per la Russia e i Paesi dell’Est, per la Cina e, soprattutto, per il Far East, a partire dal Giappone), mentre tra i Paesi dell’Unione europea tiene ancora bene il mercato tedesco. Sulla futura performance dell’export distrettuale potrebbero tuttavia incidere diversi fattori e, in particolare, il rallentamento delle nostre esportazioni verso i Paesi Ue. Inoltre, numerosi sono i segnali di progressivo mutamento in alcuni mercati strategici “presidiati” dai distretti produttivi, in particolare Cina, Russia e India, dove si rileva una graduale sostituzione con proprie produzioni di alcuni beni intermedi fino ad oggi importati. Tra i problemi con i quali si confrontano le imprese delle filiere distrettuali, certamente quello dell’

accesso al credito


è in grado di incidere sulle loro capacità di fare innovazione per mantenere alta la competitività. Dai dati dell’indagine emerge che il 32% delle aziende dei distretti ha avuto difficoltà di accesso al credito nella seconda parte del 2012, mentre il 40% degli imprenditori non si attende miglioramenti nel corso del 2013. Ma per una quota ancora maggiore di imprese (il 47%) nel 2013 ci potranno essere crediti non pagati per difficoltà o fallimenti di alcuni clienti. La competenza e l’innovazione sono i punti di forza dei Distretti vocati all’export: quello del Mobile della Brianza, dove l’indice della maggior propensione all’innovazione assume il suo valore massimo (632); quello lecchese dei Metalli (621); i modenesi Biomedicale di Mirandola e del Tessile-Abbigliamento di Carpi entrambi con un valore pari a 618. Ma hanno prodotto risultati economici molto interessanti anche il distretto Aerospaziale Pugliese e quello Napoletano, il Fiorentino della Pelletteria, quello delle conserve vegetali di Nocera-Sarno. All’origine del loro successo c’è, in primo luogo, la forte propensione all’export e la capacità di dialogare con i mercati globali attraverso il controllo delle reti distributive. Il successo è garantito dai prodotti che uniscono estetica, artigianalità, innovazione e funzionalità.

Eduardo Cagnazzi

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