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La responsabilità penale del formatore nello shipping

Durante un passaggio su google, così per passare il tempo e soprattutto senza sapere che cosa cercare, mi è caduto l’occhio su una notizia che diceva più o meno così: Infortunio mortale ad apprendista e responsabilità del formatore. Fonte, Corte di Cassazione Penale, Sentenza ...

Non ho intenzionalmente aperto la notizia e per tanto non conosco i fatti, non sono entrato nel merito, niente di niente, però la responsabilità del formatore collegata alla Corte di Cassazione mi ha immediatamente ingenerato un turbinio di riflessioni. Ho riflettuto sulla mia esperienza nella formazione in generale e sulla mia esperienza pratica nella formazione marittima e mi sono accorto che nella bibliografia italiana non ci sono riflessioni in merito alle responsabilità nella formazione.

Negli ultimi anni siamo passati ad una società della conoscenza in cui il vero e forte strumento di crescita è diventato il capitale intellettuale. In mare abbiamo bisogno di ufficiali con alte competenze e con una manutenzione costante delle stesse, abbiamo bisogno di ufficiali capaci di saper gestire la complessità della nave, del navigare e che sappiano trovare le soluzioni adeguate.
Negli ultimi anni la professione marittima ha avuto un’evoluzione incredibile da un punto di vista normativo. È proprio dalla normativa, e quindi dalla formazione, che inizia il cambiamento, ma il cambiamento all’interno di una professione particolare come quella del mare dove ci sono scogli e sirene sempre in agguato, non lo si ottiene solo con le modifiche della normativa, bisogna soprattutto adeguare i contenuti dei programmi; bisogna orientarli al cambiamento, alla necessità di conquistare la capacità di una riflessione critica della globalità, ad una maggiore autonomia del pensiero che significa anche formare a maggiori responsabilità.

Ed in ciò il formatore è responsabile.


Ma che cos’è la responsabilità: il dizionario Treccani la definisce
 “Il fatto, la condizione e la situazione di essere responsabile delle proprie azioni”; 
io aggiungerei anche le conseguenze delle proprie azioni. L’azione non è solo quella materiale, ma anche la trasmissione del proprio pensiero e delle proprie conoscenze è azione. Va precisato che nel nostro sistema, a differenza di quello di altri paesi (anglosassoni per esempio) non è stata istituzionalizzata una figura di formatore quindi è formatore colui al quale di volta in volta viene assegnato un incarico. Nell’amministrazione che gestisce il mare, per la verità, ci sono delle richieste di requisiti, delle comprovate esperienze, ma non c’è nulla che certifichi veramente ed ufficialmente la figura del formatore. Ecco perché è possibile essere tratti in inganno dalla presentazione della documentazione di “comprovata esperienza” che si allunga o si accorcia a secondo delle necessità. Ecco perché pur di vendere – ad esempio – una particolare apparecchiatura si regala anche l’attestato con il quale Tizio e Caio sono in grado di insegnare l’utilizzo di quella apparecchiatura. Ma la responsabilità? La responsabilità, quella penale per esempio, tocca solo se stessi e fa parte della propria statura di essere umano; poi c’è quella etica che è di chi esercita una mestiere, quello del formatore, in maniere professionale.

C’è poi la responsabilità morale, quella di coloro che esercitano la trasmissione del sapere in maniera inadeguata, forti di un curriculum geneticamente modificato comprovato in maniera non genuina, che riempiono in maniera falsamente veritiera i discenti di informazioni non congrue perché non hanno le competenze: le competenze si acquisiscono studiando, lavorando, investendo su se stessi, non su fogli di carta ottenuti quale sconto merce.
Sarebbe ora che ci fosse qualcuno che si adoperasse affinché questa responsabilità morale del formatore marittimo diventasse penale come quella che ho letto su Google e la sicurezza sul mare ci guadagnerebbe molto: specialmente adesso.

Manuel Tavilla

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