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RIFORMA PORTUALE: QUALE RUOLO PER IL PORTO DI SALERNO?


Nella foto l'intervento dell'On. Tino Iannuzzi -  5 marzo - Preservare gli assetti alla base della crescita del porto di Salerno. Consolidare il fronte contrario alle previsioni della riforma. Allargare l’ambito della discussione in sede di Conferenza Stato – Regioni. Il convegno “Riforma portuale: quale ruolo per il porto di Salerno?”, promosso dal Propeller Club, ha ribadito il no di operatori e istituzioni all’ipotesi di un unico ente amministrativo per i due principali scali della Campania.

L’obiettivo è la difesa di un modello di concertazione in cui operatori, ente portuale, istituzioni sono riusciti a creare le condizioni per rispondere alle esigenze di un mercato ogni anno più competitivo. Sfruttando al meglio gli strumenti normativi che la proposta Delrio va a stravolgere.
“La situazione è preoccupante – spiega Giovanni di Mauro, rappresentante Assospedi – i nuovi assetti della riforma, con la previsione di un’unica Autorità di sistema a Napoli, rischiano di allungare anziché snellire la filiera burocratica”. 
Perplessità condivise anche dal Ceo di Salerno Stazione Marittima, Orazio De Nigris.
“Il Comitato portuale, così come previsto dalla legge 84/94, rappresentava la camera di compensazione degli interessi delle diverse categorie, un tavolo tecnico dove affrontare le problematiche. Ora questo strumento viene meno. Le questioni saranno affrontate da un Comitato di gestione, diretta espressione della politica”. 
Come affrontare, allora, questo delicato passaggio? Tino Iannuzzi, deputato che ha recentemente posto la questione in un’interrogazione parlamentare, traccia la linea di condotta.
“La battaglia deve puntare ad ampliare il fronte della discussione, raccogliendo attorno a se gli scontenti. Il luogo è la Conferenza Stato-Regioni. E’ lì che ci sono le condizioni per poter agire concretamente sulla normativa”.
 “Il criterio – continua – è la costituzione di una sedicesima Autorità di sistema a Salerno. O, quantomeno, la previsione di un’ampia autonomia dei singoli porti su concessioni, autonomia finanziaria, governo della manutenzione ordinaria e straordinaria”.
“L’Autorità di sistema – conclude – non serve né a Salerno né a Napoli. Il porto partenopeo viene da anni di mancato processo governativo, deve concentrarsi principalmente sul suo rilancio”. 
Chiude la discussione, cui hanno partecipato anche Giuseppe Amoruso, Responsabile risorsa mare di Confindustria Salerno, ed Elio Spagnolo, Capo Area Amministrazione dell’Ap di Salerno, il presidente del Propeller Club di Salerno, Alfonso Mignone.
“Il diritto e le peculiarità dei territori, in una materia così particolare e delicata come quella portuale, devono prevalere sulle mere convenienze politiche. La riforma, così com’è congegnata, non appiana il gap competitivo della portualità italiana né tiene conto dei necessari criteri meritocratici. Quali alternative? La piena autonomina di Salerno, la costituzione di 6 Autorità logistiche nazionali o, quella preferibile, la ricostituzione di un ministero del Mare in grado di assumere la cabina di regia del settore”.

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