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Pubblici esercizi fra crisi e relazioni di lavoro

È stata dedicata ai temi del lavoro e della crisi economica la 68°assemblea annuale della Federazione Italiana Pubblici Esercizi aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia. Con la tavola rotonda a cui hanno partecipato il professor Michel Martone, ordinario di relazioni industriali e diritto del lavoro, il professor Enzo Rullani, direttore T-Lab
CFMT e il senatore Maurizio Castro si è affrontato il tema della competitività del settore nell’interesse delle aziende e degli stessi lavoratori anche in un’ottica di salvaguardia dell’occupazione.
«Ci sono settori – si legge nel discorso di Lino Stoppani, presidente Fipe –che si sono profondamente ristrutturati (vedi il settore bancario), eliminando un numero rilevante di posti di lavoro, recuperando produttività e capacità di creare valore e ce ne sono altri, come il nostro, che non riescono a ristrutturarsi e che non intendono tagliare posti di lavoro, perché penalizzerebbero la qualità del servizio e per questo perdono marginalità e competitività. Su questi elementi, abbiamo provato a proporre alle organizzazioni sindacali qualche ragionamento sul monte ore e straordinari, sui permessi retributivi, sugli scatti di anzianità, sulla gestione delle malattie, sulla 14° mensilità da riformulare all’interno della retribuzione annuale e altri istituti, trovando rifiuto pregiudiziale, nessuna contro-proposta e la proclamazione di scioperi».
La crisi economica nel settore dei consumi fuori casa è stata aggravata dal calo di presenze turistiche, dei consumi e della produttività e anche dall’aumento di una concorrenza sleale a opera di circoli, sagre e feste di partito.Secondo Fipe, il contesto normativo e contrattuale deve essere adeguato alle nuove esigenze del mercato e finalizzato a garantire la redditività delle imprese.
«Nell’anno, tra Iva, Imu, Tares e altre imposte e tasse – sono ancora parole di Stoppani – abbiamo raccolto solo inasprimenti e maltrattamenti.La crisi e la mancanza di una riduzione del cuneo fiscale porgono interrogativi sul futuro del settore e hanno imposto la disdetta/recesso al Ccnl di categoria.
Si tratta, dunque, di scegliere fra il subire una trattativa con i soliti rituali, senza nessuna possibilità di incidere sugli elementi di produttività che le aziende reclamano o di accontentarsi di provvedimenti parziali, non strutturali e temporanei oppure provare a dare un segnale che ci è costato sofferenza, ma che riteniamo utile a impostare relazioni sindacali moderne, attente cioè a rilanciare un settore pieno di valori, che ha bisogno anche di contratti di lavoro più rispondenti alle esigenze di un mondo che cambia».
Dati alla mano, l’evoluzione della retribuzione è infatti maggiore dell’inflazione e il settore crea buona occupazione,tanto che i livelli retributivi del settore hanno tenuto anche durante la crisi ed in alcuni casi sono anche cresciuti. Ma gli oneri previsti dalla contrattazione collettiva sono diventati particolarmente gravosi e non più sostenibili. Per aumentare la produttività aziendale è necessario rivedere alcuni elementi contrattuali che fanno scattare incrementi salariali non collegati alle ore lavorate. Fipe chiede dunque di rompere prassi consolidate e regole non più attuali.

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